Si può giudicare una persona dai like
che mette su facebook? Qualsiasi persona di buon senso risponderebbe
negativamente. Ma forse un algoritmo artificiale non sarebbe così
generoso nei confronti della personalità umana; e non si sentirebbe
troppo temerario nel tentare di ridurci a una somma di “mi piace”
cliccati da una tastiera. Dimmi che “like” metti e ti dirò chi
sei.
Boutade fantascientifiche? Da oggi non
più. Che tramite lo “spionaggio” di un profilo facebook si
posssano captare molte informazioni sulla vita di quella persona è
un ovvietà, ma ora sembra possibile catalogare sistematicamente un
enormità di profili semplicemente tramite l'analisi seriale dei
“like”, senza nessuna osservazione umana del profilo.
Da uno studio pubblicato su Proceedings
of the National Acadamy of Sciences (Pnas) condotto dai ricercatori
del Psychometrics Centre di Cambridge e del Microsoft Research
Cambridge è emerso infatti che tramite l'analisi del “like” si
può risalire con estrema precisione a dati sensibili dell'utente
come l'orientamento sessuale, l'origine etnica, le convinzioni
religiose e politiche, i tratti di personalità, l'intelligenza, la
felicità, l'uso o la dipendenza da sostanze, la separazione dei
genitori, l'età e il sesso.
I ricercatori dei due istituti hanno
analizzato un set di dati di oltre 58.000 volontari, che hanno
fornito da un lato i loro like sul social network, e dall'altro un
dettagliato profilo demografico nonché i risultati di alcuni test
psicometrici. Ebbene, il modello proposto dai ricercatori è stato
capace di discernere con un accuratezza dell'88% i profili
eterosessuali da quelli omosessuali, nel 98% dei casi ha distinto gli
afro-americani dai caucasici e nel 85% ha indicato l'orientamento
politico dell'utente, democratico o repubblicano.
Risultati solo poco più scadenti per
quanto riguarda religione, relazioni affettive e uso di droghe, con
percentuali di accuratezza comprese dal 65% all'82%.
Quali sono le conseguenze di un uso
così accurato di macchine per “leggere la personalità” degli
utenti partendo da informazioni ristrettissime? E' la domanda
orwelliana che sorge spontanea.
Thore Graepel della Microsoft Research, intervistato dal portale Wired.it si è limitato a un placido commento: “I consumatori si aspettano giustamente una forte protezione della privacy nei prodotti e nei servizi che usano e questa ricerca. Potrebbe servire come reminder per i consumatori invitandoli ad avere un attento approccio alla condivisione delle informazioni online, a utilizzare i controlli della privacy e a non condividere contenuti con sconosciuti”.
Certo è che, attenzione o meno,
paranoie da Grande Fratello o cieca fiduca nel progresso che sia:
l'idea di essere soltanto un elenco di apprezzamenti su un social
network non piace a nessuno...
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